Presentazione del volume di Giuseppe Gambino
Parigi 1871 – per una storia della Comune, Odradek 2023
11 gennaio 2024 ore 17:00
Biblioteca delle Oblate
Sala Storica Dino Campana
Via dell’Oriolo 24 – Firenze
Il libro di Gambino “PARIGI 1871” che verrà presentato l’11 gennaio 2024 alla Biblioteca delle Oblate ha molti meriti: Ricostruisce accuratamente i densi avvenimenti che portarono la Francia alla fine del II Impero, alla proclamazione della Comune fino alla repressione e alla “settimana di sangue”; Snoda la storia conflittuale francese, ripercorrendo i fatti che portarono dalla rivoluzione del luglio 1830 al “trono” del nuovo “Napoleone. Descrive il contesto dello sviluppo del capitalismo francese e la nascita del proletariato strutturato riannodando i fili organizzativi e le idee che emersero nelle scelte politiche del 1871. E soprattutto viene dato valore sia al metodo usato dai comunardi nel prendere le decisioni, sia alla qualità delle stesse decisioni promulgate. Il perno sul quale ruotano tutte le successive disposizioni che regoleranno la vita di Parigi è il documento programmatico emesso il 19 aprile come abbozzo di una nuova costituzione dal titolo “ Dichiarazione al popolo francese”, redatto dopo un serrato dibattito che aveva coinvolto attivamente una larga parte dei cittadini . In quel testo, i federati specificano quanto arbitraria e dannosa fosse “l’unità” sbandierata dal II impero: “..la monarchia e il parlamentarismo, non è che la centralizzazione dispotica ed inintelligente, arbitraria ed onerosa” e contrapponeva un ‘altra unità politica: “…l’associazione volontaria di tutte le iniziative locali, il concorso spontaneo e libero di tutte le energie individuali in vista di un fine comune, il benessere, la libertà e la sicurezza di tutti…” e precisa il vero obiettivo della “Rivoluzione comunale”: “…inaugura un’era nuova di politica sperimentale, positiva, scientifica. E’ la fine del vecchio mondo governativo e clericale, del militarismo, del funzionarismo, dello sfruttamento, dell’aggiotaggio, dei monopoli, dei privilegi, ai quali il proletariato deve la sua schiavitù, la patria le sue disgrazie e i suoi disastri”.
Evidenzia il muro propagandistico che si erse alla fine della Comune e che impegnò nomi prestigiosi di scrittori ed intellettuali poi glorificati nella “Academie de France” ed altri che trovarono posto sull’altare delle onorificenze culturali borghesi. Tutte prese di posizioni che accompagnarono la messa fuorilegge in Europa della Associazione Internazionale dei Lavoratori e la controrivoluzione politica. ( dal 1871 al 1873 furono pubblicati 300 libri, migliaia di articoli di giornali e caricature sui comunardi).
Dopo il massacro, la deportazione, la propaganda denigratoria divenne lo strumento per occultare alle future generazioni le ragioni, lo spessore democratico e le scelte pratiche attivate dal proletariato parigino attraverso la partecipazione diretta al governo delle “cose comuni”; Aggiorna il lettore sulla approfondita ricerca che a partire dal libro di Marx e poi con un salto lungo più di un secolo è ripartita con edizioni delle fonti e delle memorie commentate su temi trascurati dalla storiografia ufficiale, allargando le indagini su piani sociali e culturali diversi, utilizzando gli Archivi ufficiali e personali.
Tutto questo lavoro “collettivo” degli storici non ha avuto la dovuta ripercussione in Italia, per questo, portare a conoscenza questo filone percorso dalla nuova leva dei ricercatori dell’età contemporanea è fondamentale per schiudere la porta del provincialismo. Ma un libro, esaurito l’argomento specifico circoscritto nel tempo e nello spazio può sollecitare ben altre suggestioni. Il tema “Comune di Parigi” non a caso è stato ripreso più volte come mito da incorniciare, icona statica di un movimento smarrito, ma al tempo stesso è stato ben rappresentato dalla famosa definizione, riprese dall’A., di Victor Hugo: “ Il cadavere è a terra, ma l’idea è in piedi”.
Eppure uno dei protagonisti di quella vicenda, Auguste Blanqui, imprigionato nella fortezza di Taurean scrive “ L’eternità attraverso gli astri”, dove sviluppa le sue ultime considerazioni e descrive “il cosmo e la storia come eterna riproduzione della sua stessa struttura, la quale imprigiona gli esseri umani in una sorta di inferno ineluttabile” affermando così la “sfiducia dell’agire umano” e l’eterna sfiducia della sconfitta avvalorata da un “immobilismo” che ritrovava(sbagliando alla grande) negli “ astri”. Le considerazioni di Blanqui sono ovviamente giustificabili: la sua era una figura importante del movimento proletario francese che dopo aver fatto tante battaglie, pagando sempre di persona la sua opposizione al potere, giunto al termine della sua esistenza aveva visto sbriciolare tutte le aspettative di un popolo soggiogato. Davanti all’eccidio dei federati la sua diventava, scrisse Benjamin “una rassegnazione senza speranza”. Ma la visione di quei fatti trova ed ha trovato sempre chi ne ha sminuito il valore e l’esperienza, si tratta di un filone consistente di storici che interpretano nei propri studi attraverso le lenti di una “storiografia positivista” che, come ricorda Enzo Traverso in “Malinconia di sinistra”, Benjamin individuava in Ranke e in Fustel de Coulanges e dopo 50 anni Bensaid in Furet nel suo “Passato di un’illusione”.
Per questi storici, coadiuvati da una fitta schiera internazionale di pubblicitari , il passato contemplato è materia morta, magari da esporre in un museo. Qui la storia, per loro, diventa una legittimazione dello status quo, necessariamente accompagnata dalla esaltazione delle virtù dei vincitori. Traverso da valore alla “malinconia che segue i passi della rivoluzione come un’ombra”, la “malinconia di sinistra non si arresta alla pietà delle vittime ma cerca di riscattarle” e fa diventare portavoce i vinti della lunga storia dei movimenti che “ per due secoli hanno cercato di cambiare il mondo. E’ attraverso la sconfitta che l’esperienza rivoluzionaria si trasmette da una generazione all’altra”.
Coordina: Andrea Bagni, insegnante in pensione
Intervengono:
Roberto Bianchi – Università di Firenze
Maria Beatrice Di Castri, insegnante del Liceo Classico Macchiavelli di Firenze
Giulio Taccetti, assegnata di ricerca dell’Università di Firenze