Il caso Mortara. Il bambino rapito da Pio IX°.

di Gemma Volli

Introduzione di Ugo Volli.

Ed. Giuntina – Firenze 2016

 

Visto che in questi giorni sta uscendo il film di Marco Bellocchio “Rapito” , non mi pare inutile segnalare questo volume dell’editore Giuntina che ripropone il bellissimo studio di Gemma Volli pubblicato per la prima volta nel 1960. Questo libriccino di 40 pagine, con una accuratissima documentazione ricostruisce tutta la tragica vicenda che interessò l’Europa intera con una eco simile a quella del caso Dreyfus quarant’anni dopo. Rileggerlo oggi non è superfluo se si considera un particolare non secondario: il responsabile di questo rapimento Giovanni Mastai Ferretti, papa col nome di Pio IX°, è stato beatificato da papa Woytila nel 2000, lo stesso pontefice che ha portato alla gloria degli altari un personaggio come Escrivà de Balaguer, il fondatore dell’Opus Dei e franchista di ferro. Questa premessa non vuole pre-costituire un atteggiamento di anticlericalismo ottocentesco vuole solo chiarire bene perché una storia dell’800 può essere attuale anche oggi, con l’aggravante che” il colpevole” è anche diventato santo!! Il libro di Gemma Volli è stato il primo studio rigoroso su questo caso. Nell’introduzione Ugo Volli fa una bella biografia della studiosa che durante la seconda guerra mondiale riesce a sottrarsi alle grinfie dei nazisti con una rocambolesca fuga in Svizzera e precisa che questa ricostruzione del caso Mortara è storicamente conclusiva tanto che viene regolarmente utilizzata anche da scritti più recenti tra cui quello di Scalise del 1996 che è stato utilizzato da Bellocchio per il suo film.

Il libro ricostruisce la tragica storia del bambino Edgardo Mortara di 7 anni che fu strappato ai genitori Momolo e Marianna Mortara e portato via definitivamente per educarlo secondo i principi cattolici,dato che era stato battezzato dalla domestica  che era a servizio presso la famiglia Mortara.Costei che si chiamava Anna Morisi era stata assunta dai Mortara nonostante che ci fosse  un divieto esplicito nella legge della Santa Sede di assumere domestiche cattoliche da parte delle famiglie ebraiche. La donna, andandosi a confessare, rivelerà di aver battezzato di nascosto il piccolo Edgardo perché malato e lei pensava che fosse in pericolo di vita. Il confessore violando il segreto del confessionale rivelerà tutto questo al Sant’Uffizio che interverrà. Il tutto avviene a Bologna alla vigilia della fine dello Stato della Chiesa (1858-1860) per ordine esplicito del Papa Mastai Ferretti che fa di questo bambino una specie di trofeo, una rivalsa contro il mondo laico contro cui si scaglierà poi nel 1868 col Sillabo. Il rapimento di bambini ebrei era una pratica corrente in uso da secoli per “salvarli dalle pene infernali” imponendo loro il battesimo forzato. Questo caso provocò però una eco internazionale visto che i principali giornali europei dell’epoca ne trattarono ampiamente senza però che potesse servire a qualcosa. La vicenda però ebbe un seguito non edificante neppure sotto il nuovo regime “laico”, regnante Vittorio Emanuele II°, perché il Dittatore delle Provincie emiliano-romagnole Luigi Carlo Farini, provando a rimediare a questo delitto istruì un processo nel 1859 contro l’Inquisitore pontificio. Il verdetto che il tribunale emise nel 1860 è un capolavoro di ipocrisia perché l’Inquisitore, che era stato il responsabile che aveva stilato l’atto giuridico di rapimento, fu assolto perché, secondo i giudici, aveva ottemperato ad una legge che a quel tempo era perfettamente lecita nello Stato della Chiesa. In seguito Edgardo Mortara diventerà addirittura sacerdote e farà sua la fede cattolica più intransigente.

Insomma l’ingiustizia che i Mortara dovettero subire fu duplice e non può essere addebitata solo al potere ecclesiastico. La storia della lotta che la famiglia Mortara condusse per riuscire a riavere il figlio trovo che abbia molti punti in comune con la lotta di chiunque tenta di opporsi ad un potere oppressivo a cui non interessa le sofferenze che infligge ai singoli ma fa trionfare sempre la “ragion di Stato”. Mi ricorda qualcosa anche della storia dell’Italia del ‘900 ad esempio i parenti delle vittime delle stragi fasciste degli anni ’70 che da più di cinquanta anni chiedono giustizia senza ottenerla.

Vito Nanni