Da Emeroteca dell’Archivio 68
Mensile “Seme Anarchico” n° 9 Settembre 1957
“In memoria di Sacco e Vanzetti”
articolo:
E’ appa
rsa in questi giorni sui giornali d’America la notizia — riportata ampiamente dai giornali di tutto il mondo — che un Comitato, costituitosi a Boston, ha presentato ufficiale richiesta al governatore dello Stato del Massachusetts e al sindaco di Boston, affinchè, come primo passo verso la riabilitazione della memoria di Sacco e Vanzetti, essi accettino l’offerta di un basso- rilievo in bronzo da porre sulla facciata del palazzo di giustizia dove si svolse il processo. La do-manda, scrivono i giornali, è appoggiata da un gruppo di noti giuristi, storici, scrittori e uomini politici americani.
Della riabilitazione di Sacco e Vanzetti, per noi anarchici — loro compagni di fede — per gli operai di tutto il mondo, per gli uomini onesti e liberi, non c’è affatto bisogno.
Sacco e Vanzetti, uomini generosi, seguaci di un ideale altis-simo di affratellamento e di redenzione umana, furono condannati innocenti, furono assassinati, soltanto perchè anarchici e attivi propagandisti. Il loro ricordo è chiuso nei nostri cuori ed è sempre presente al nostro pensiero, quale esempio commovente di sacrificio per le proprie idee.
Riteniamo opportuno rievocare oggi le vicende del tragico ed eroico episodio, riproducendole dai « Cenni biografici » coi quali si apre il recente opuscolo edito dal Gruppo Editoriale L’ANTISTATO (Lettere sul sindacalismo – di Bartolomeo Vanzetti).
B. VANZETTI: Lettere sul sindacalismo. Opuscolo di 64 pagine, con prefazione di Michela Bicchieri. Lire 100.
Presso Umberto Sama – Casella Postale n. 40. CESENA (Forlì).
Bartolomeo Vanzetti nacque a Villafalletto (Cuneo) 1’11 giugno 1888 da agiati contadini. Dai 13 ai 19 anni lavorò come garzone in varie pasticcerie fra Cuneo e Torino, ove venne a contatto con le idee socialiste allora in auge. A vent’anni si imbarcò per l’America e nel giugno 1908 sbarcava a New York. Cominciava così le sue dure esperienze di emigrante, le lunghe peregrinazioni in cerca di lavoro, la fame, la miseria, la violenza morale da parte dell’ambiente che vedeva negli immigrati degli intrusi o al più delle bestie da soma. Condividendo egli la sorte di milioni di lavoratori di ogni razza e nazione, con la sua vivace intelligenza e la sua acuta sensibilità doveva presto individuare le cause fondamentali di tanta sofferenza e quindi il metodo di lotta per cercare di eliminarle. Questo studio gli ‘ ntè essere agevolato dal fatto che egli non era stato spinto in quel ambiente dalla fame, ma da un sogno di libertà alimentato dal ricordo della gloriosa rivoluzione americana, e deluso al primo contatto con una società sorta da quella e tuttavia chiusa nel più gretto conservatorismo, sfruttatrice e sotto certi aspetti corrotta più della vecchia Europa,
Affrontò vari lavori anche troppo pesanti per il suo fisico: in fornaci di fabbriche di mattoni, in cave di pietra, in pasticcerie. Fece il bracciante, il manovale, l’addetto alla fusione del ferro.. E alla fine di ogni lunga giornata- di lavoro si dedicava alla lettura di libri e di giornali di ogni tendenza politica e religiosa, ad opere letterarie scelte tra i classici di ogni nazione.Tra la minoranza cosciente della popolazione immigrata che si radunava in « circoli di cultura o studi sociali » egli si sentì attratto per affinità al gruppo editore di quella « Cronaca Sovversiva » che, diretta da L. Galleani nel Massachussetts, era l’espressione più chiara dell’anarchismo mili¬tante negli S.U. sempre presente nelle agitazioni operaie, alle quali il nostro Vanzetti partecipava con entusiasmo ed intelligenza.Fu nel 1916, nello sciopero degli operai della Plymouth Cordage Company durato dal 17 gennaio al 16 febbraio, che l’odio dei padroni e dei politicanti cominciò ad individuare il « dannato agitatore ». Quando tutti gli operai, ottenuto un piccolo aumento di salario, ritornarono al lavoro, Vanzetti fu respinto dai padroni della corderia ove lavorava.Di Nicola Sacco, che ormai nella memoria dei lavoratori di tutto il mondo forma con Vanzetti un indissolubile sacro ricordo, dovremo pur brevemente dire: nativo di Torremaggiore (Foggia) e di tre anni più giovane di Vanzetti, era anche egli sbarcato in America nel 1908 ed aveva facilmente trovato vari lavori ai quali si dedicò con diligenza e assiduità. Specializzatosi, in seguito, alle macchine orlatrici, lavorò nei calzaturifici.Anche egli fu dei gruppi anarchici gravitanti nell’orbita di « Cronaca Sovversiva », e diede la sua opera fattiva agli scioperi che dal 1912 si venivano attuando con una compattezza sempre più allarmante per le classi dominanti. Casualmente si incontrò con Vanzetti in occasione di qualche conferenza o adunata in difesa’ di compagni arrestati. Gli divenne amico intimo nel Messico ove entrambi si erano rifugiati assieme ad altri compagni nel 1917, quando, scoppiata la rivoluzione in Russia, si era diffusa la speranza che essa si estendesse all’Europa, e si temeva — rimanendo negli S.U. — di non potervi accorrere in aiuto.Ripassata la frontiera, quando quelle speranze furono deluse, Sacco tornò presso la compagna ed il figlioletto e trovò lavoro in un calzaturificio di Stoughton Mass.; Vanzetti tornò a Plymouth e fece per qualche tempo il bracciante e infine il pescivendolo.Era quello il periodo ultra-reazionario del dopo guerra, degli arresti e deportazioni in massa; e le brutali operazioni poliziesche potevano violare non solo ogni senso di umana giustizia, ma persino le formalità legali — tanto aveva potuto suggestionare larghi strati della società americana la propaganda contro tutti i rivoluzionari, in special modo contro gli « anarchici pericolosi! ».* * *Il District Attorney Frederick G. Katzmann trovò il modo, con false testimonianze e con una giuria prevenuta, di incriminare Vanzetti quale complice di un tentativo di rapina a mano armata a Bridgewater avvenuto il 24 dicembre 1919. Innumerevoli testimoni, che avevano visto Vanzetti durante tutta quella giornata vendere il pesce a Plymouth, non furono neanche presi in considerazione. E il processo di Plymouth (22 giugno-10 luglio 1920) sotto la presidenza del Giudice Webster Thayer finì con la condanna del Vanzetti alla reclusione da 12 a 15 anni.Poi si procedette ad organizzare un processo a carico di entrambi i detenuti. Il 15 aprile 1920 un impiegato pagatore ed una guardia erano stati uccisi e derubati da 4’uomini in automobile a South Braintree; Sacco e Vanzetti furono deferiti al giudizio della Corte d’Assise di Dedham quali complici della rapina e dei due assassini. Il processo cominciò il 31 maggio 1921 sotto la presidenza dello stesso Giudice Thayer e con la stessa pubblica accusa Katzmann. La difesa però non era più in mano di un nemico quale si era mostrato al precedente processo l’avv. Vahey, ma affidata a Fred H. Moore, un eminente avvocato che aveva spesso e con entusiasmo difeso gli operai nella loro giusta causa quando erano caduti nelle grinfie della magistratura. Fino allora il caso Sacco-Vanzetti non aveva suscitato se non l’interesse di una limitata cerchia di compagn
i: Moore smascherò la monta¬tura giudiziaria agli occhi del proletariato di tutto il mondo e degli spiriti liberi di ogni nazione, che da allora seguirono le vicende del processo prendendovi una parte considerevole.Sicché il processo si prolungò, tra agitazioni operaie, proteste del mondo della cultura e di tutti i sinceri progressisti, fino al 1927, senza che tuttavia si potesse riuscire a far desistere la magistratura dal supremo crimine.Già al processo di Plymouth il giudice Thayer, per portare la prova conclusiva (poiché non ne era emersa alcuna) della colpevolezza di Vanzetti, aveva dichiarato: « Gli ideali dell’imputato sono affini al delitto ». Era evidente che la colpa di Sacco e Vanzetti era quella di essere anarchici, e per di più immigrati; e Moore mise a nudo, durante il dibattito, con grande franchezza e coraggio, i motivi di odio politico che animavano l’accusa. Ma cosa potevano le irrefutabili prove di Moore, le vivaci proteste di milioni di lavoratori, contro un mondo ostile per principio?Il verdetto di condanna emesso a Plymouth era stato creato ad arte come un pregiudizievole precedente penale; e poiché per volere della Corte i processi dei due anarchici furono abbinati, esso agì anche a detrimento di Sacco. Moore pensava che avrebbe facilmente potuto ottenere l’assoluzione di Vanzetti sol che avesse insistito sul fatto che la prova indiziaria su cui si basava l’accusa era troppo inconsistente. Sapeva però —- per la conoscenza che aveva delle aule giudiziarie — che in tal caso non si sarebbe in alcun modo salvato Sacco. Non perchè a carico di questi fosse emerso qualcosa di più positivo, ma perchè la sovreccitazione degli animi, l’odio politico ed il prestigio della magistratura richiedevano che almeno un colpevole in ogni modo ci fosse! Egli lasciò decidere a Vanzetti il quale rispose: «Salvate Nick, egli ha moglie e figli».
Così il dibattito si protrasse fino al 14 luglio 1921, tra sconcertanti messe in scena della Corte, impegnata a fondo a non mollare le sue vittime, e sostenuta da un grande apparato di forze militari, nonché da una parte considerevole dell’opinione pubblica della quale essa aveva saputo aizzare i sentimenti più retrivi.Pur non risultando dal dibattito che « una presunzione di reità » che facilmente poteva essere confutata, i giurati emisero un verdetto di assassinio in 1° grado per il quale, secondo le leggi vigenti nel Massachussets, Sacco e Vanzetti dovevano essere condannati alla sedia elettrica.Nel suo rapporto al governo di Roma, il Console italiano, che aveva assistito a tutto il processo, scrisse: «Neppure l’ombra di una prova fu presentata contro gli imputati, i quali sono stati condannati per odio politico e di razza ».* * *La stampa proletaria di tutto il mondo si sollevò contro l’infame ver¬detto, e le organizzazioni operaie domandarono un nuovo processo. Il Comitato di difesa pro Sacco e Vanzetti riscosse appoggi morali e materiali da parte di molte associazioni operaie americane, di Unioni indipendenti, Società politiche e di Mutuo Soccorso. Una serie di dimostrazioni, proteste e attentati contro le sedi diplomatiche degli S.U. indussero la Magistratura alla ripresa del processo il 29 ottobre 1921 nella stessa Dedham, e Moore chiese l’annullamento del verdetto. Ma non si trattava che di un’edizione riveduta e ampliata della commedia svolta nel giugno precedente con più larga e decisa presa di posizione da parte del pubblico pro e contro gli imputati.I giudizi degli avversari si cristallizzarono, in base non a prove reali, a fatti, ma alle idee preconcette contro i radicali e gli immigrati. Cosicché a nulla valsero le innumerevoli testimonianze, le confessioni di spergiuro, di quelli che erano stati i maggiori testi a carico nei precedenti dibattiti, le prove più evidenti della complicità del Governo Federale nella montatura giudiziaria. Neppure le confessioni di uno della banda Morelli che aveva commesso il delitto imputato a Sacco e Vanzetti corroborate da varie testimonianze e sopratutto dalla deposizione dell’ispettore di polizia di New Bedford, cambiarono nulla nell’animo dei giurati e dei cittadini che offrivano fiori a Thayer perchè così bene assolveva il proprio compito!* * *Il 9 aprile 1927, dopo un breve discorso di Sacco ed una vibrante arringa di Vanzetti, che erano una terribile accusa contro i « delitti che la legge e la chiesa legittimano e santificano » (Vanzetti), il giudice pronunziò la sentenza di condanna a morte per i due imputati. Le proteste si intensificarono in tutto il mondo. Il Dipartimento di Stato a Washington ricevette innumerevoli rapporti da parte dei suoi rappresentanti nei paesi in cui quelle proteste imponenti facevano pensare al pericolo che la messa in atto della sentenza poteva rappresentare. Il fatto che il Governatore potesse affrontare col suo cinico sorriso tutti quei moti popolari senza desistere dal¬l’infame proposito, sta ad indicare l’enorme pressione in contrario che faceva la classe capitalista d’America e la sicurezza che in ogni caso non c’era da temere rappresaglie da altri governi, data la solidarietà di classe che esiste tra gli elementi reazionari come mezzo di reciproca difesa.Nella prima ora del 23 agosto 1927 Sacco e Vanzetti affrontarono l’elettrocuzione serenamente, dichiarando ancora la loro innocenza e la loro fede nell’anarchia. Essi parlavano ancora ai milioni di uomini e donne che si erano stretti in spirito attorno a loro da tutte le parti del mondo: perchè da quella immensa tragedia apprendessero a meglio conoscere il nemico, a non desistere dalla lotta, a non perdere la fiducia nella giusta causa abbracciata.
redazione Archivio 68 – 12/12/2019