“La Resistenza delle donne”

Benedetta Tobagi

2022, Torino – Ed. Einaudi

In questo libro Benedetta Tobagi mette in scena le vicende delle donne che scelsero di far parte della Resistenza. Perché ho usato il termine “mette in scena”? Perché l’autrice riesce in un piccolo miracolo a unire le storie delle protagoniste, che sono donne di ogni estrazione sociale, di ogni età e provenienza, e nello stesso tempo ce le fa vedere in faccia attraverso un ricchissimo apparato iconografico frutto di una ricerca certosina. Inoltre importante è anche la struttura del libro costruita sia cronologicamente (si arriva fino al secondo dopoguerra) che tematicamente toccando tutti gli aspetti dell’esperienza di queste donne meravigliose. Un altro aspetto importante del testo è lo stile usato dall’autrice che, mentre racconta queste storie, le interroga e le confronta col proprio vissuto riuscendo a far scattare in chi legge una identificazione con queste vicende. E’un espediente non meramente letterario e stilistico ma una scelta dettata da un’esigenza profonda. La Tobagi non vuole mostrare una galleria di figure “esemplari” come se fossero santini, ma le fa rivivere nel loro vissuto intrecciando le vicende personali di ciascuna con i drammatici avvenimenti del ‘43-’45. Il libro si compone di un incipit che dà l’avvio alla storia e di trenta capitoli brevi composti di scritti e fotografie che sono la parte nuova di una comunicazione che non è solo trasmissione di dati e informazioni. I titoli dei vari capitoli sono molto succinti spesso composti di una parola sola che racchiude tutto il nocciolo della narrazione. Un altro merito di questo testo è, secondo me, quello di riuscire a sintetizzare in poche pagine (poco più di 300) queste vicende che senza questa operazione sarebbero rimaste chiuse nelle biblioteche delle varie realtà geografiche (spesso piccole) di cui è piena la storia della resistenza. Qui si tocca un punto importante. Gli studi sulla resistenza a partire dal lavoro fondamentale di Claudio Pavone (1) e dall’importantissimo “Dizionario della Resistenza” in due volumi curato da Enzo Collotti, Renato Sandri e Frediano Sessi per l’editore Einaudi hanno mostrato tutta l’ampiezza e la complessità di questo evento. Questo libro della Tobagi fa luce su un aspetto spesso trascurato dagli storici concernenti il ruolo che le donne hanno svolto nel contesto delle lotte resistenziali. Questo lavoro colma un vuoto importante e lo fa partendo da un rigoroso impianto storiografico basta dare un’occhiata alla nota bibliografica composta di ben ventiquattro pagine per avere un’idea del lavoro gigantesco compiuto dall’autrice. Per concludere e cercare di illustrare meglio questo libro vorrei commentare un capitolo che si colloca a circa un terzo del volume e che la Tobagi intitola “Genealogia delle ribelli”in cui individua i vari modelli femminili di riferimento che potevano avere le combattenti. All’inizio riporta un riferimento ad Anita Garibaldi fatto a Tina Merlin da parte di Wilma De Paris e sottolinea che le donne che avevano compiuto la scelta di impegnarsi in prima persona era tanto se si rifacevano all’eroina compagna di Garibaldi.Le comuniste, invece, avevano come riferimento del passato ( la genealogia appunto) le donne della Comune di Parigi del 1871 ,ma era raro oppure quelle dei moti del 1848. Le cattoliche si rifacevano niente di meno che a Giovanna d’Arco. La Tobagi allora affianca due foto di epoche diverse: una di una banditessa meridionale e una di tre combattenti della repubblica di Montefiorino (Modena) sottolineando la risolutezza nella scelta del combattimento armato. Non solo ma fa anche un altro confronto azzeccato e rivelatorio perché affianca la foto di una bella resistente valdostana e la confronta con l’immagine di una soldatessa curda che nel Rojava ,nel 2017, combatteva in un reparto femminile. Con questa operazione l’autrice riesce a saldare e a rendere attualissima la storia di queste donne che oltre settanta anni fa decisero di non aspettare che qualcuno le liberasse ma presero nelle loro mani il loro destino e quello di questo paese .Con questi accostamenti che possono apparire,ad un occhio distratto,fuori contesto la Tobagi provoca una specie di “corto circuito” in chi legge soprattutto (ma non solo) alle donne: se la situazione generale che vivevano allora e viviamo oggi è nera bisogna non aspettare che qualcun altro ci liberi ma impegnarsi in prima persona per cambiare la situazione. E’ questo il messaggio implicito che è sotteso all’esposizione e credo che sia anche il messaggio principale che lei vuole esprimere.

 

Vito Nanni